Giornata della Memoria, 2019

Primo Levi e Anna Frank. 


Primo Levi. Quando penso alla Shoah, all’Olocausto, a quella tragedia incredibile che si consumò tra il 1933 e il 1945, mi si materializza davanti agli occhi e cattura il mio pensiero il volto di Primo Levi, l’intellettuale che scampò all’Olocausto ma che non riuscì a scampare al senso di colpa per essersi salvato… e questo pensiero mi tormenta. Ma ancora di più mi tormentano, quasi fossi chiamato anch’io a condividere il suo (drammatico) senso di colpa, i versi suoi più famosi, quelli di
            
           Se questo è un uomo
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:                                                                        

Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per un pezzo di pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.


Senso di colpa, il suo, per essersi salvato, senso di colpa il mio e della mia generazione, per essere stati assolutamente inadeguati a fronteggiare i tentativi negazionisti e i rigurgiti neonazisti. Incapaci di piantare e far crescere il seme della Pace, nonostante milioni di vittime (dai 15 ai 17 milioni senza distinzione di età e sesso e tra questi almeno 5 milioni di ebrei!) interi popoli annientati nei lager nazisti dalla follia umana dell’odio razziale, della presunta superiorità del bianco sul nero, del ricco sul povero, dello stanziale sul nomade, del forte sul debole, del sano sul portatore di handicap, dell’uomo sulla donna, dell’eterosessuale sull’omosessuale, dell’ariano su tutto e tutti!
Un odio che ancora oggi miete vittime non solo negli scenari di guerra dichiarata (sempre più numerosi e sempre più originati o connessi a rapine di stampo coloniale) ma ancora oggi in maniera sempre più inaccettabile, sulle rotte dell’immigrazione, nelle periferie abbandonate, nei lager (anche qui, nel Bel paese!) dei migranti schiavizzati per il lavoro nei campi, nelle curve degli stadi e sulle strade della tifoseria violenta, spesso fiancheggiatrice di movimenti politici altrettanto violenti.
Anne Frank. Il ricordo della sua vicenda invece mi dà pace. Nonostante l’emozione lacerante che fin da ragazzo mi procurava la lettura del Diario, nei miei pensieri lei era una santa, era la “santa Maria Goretti ebraica”, riversavo su di lei gli stessi sentimenti di ammirazione, di rispetto, di devozione, vedevo in lei la stessa purezza, la stessa ingenuità, lo stesso tragico destino di Maria Goretti ( anche lei ammazzata adolescente) che, appena qualche anno dopo la fine della guerra, verrà canonizzata e per lunghi anni resterà, nell’immaginario di noi ragazzini ( e chierichetti di allora), un esempio, un’amica volata in cielo per difendere la sua innocenza e anche la nostra.
Ancora oggi, immagino Anne Frank china sul suo diario a scrivere o con l’orecchio accostato alla parete per ascoltare, o affacciata sui tetti a guardare il cielo e sospirare, soffrire, sognare, sperare: lei voleva vivere e pubblicarlo il suo diario, non lo scriveva per se stessa, Anne consapevolmente scriveva per noi! Era solo una ragazzina, aveva solo tredici anni quando, insieme alla sua famiglia, nel 1942, fu costretta a rifugiarsi, a nascondersi ad annullarsi, per sfuggire al rischio di finire in un campo di concentramento. Nascosta vi restò per ben 2 anni. Ma questa sorta di sospensione della pena capitale durerà solo due anni, poi l’intera famiglia verrà arrestata e deportata. Anne morirà quasi subito, ma il suo Diario verrà ritrovato solo qualche anno dopo, nel 1947. Anche di lei ho sempre pensato che fosse volata in cielo perché la sua innocenza rimanesse intatta, fissata per sempre nei suoi scritti di adolescente, l’innocenza di una testimone, vittima della malvagità umana devastata da un odio implacabile. Questo perché noi ricordassimo capissimo e potessimo salvarci.
Era una ragazzina, costretta a nascondersi all’età dei miei nipotini, dei nipotini o dei figli di tanti tra noi ! E allora, perché non vogliamo capire quanto male può fare l’odio, quello individuale, e quanto incalcolabile  e incancellabile può essere il male che nasce dall’odio sociale e razziale?
Oggi, mentre scrivevo, ho fatto una pausa. Sono salito in soffitta, ho aperto la finestrella che dà sul tetto, costringendo qualche colombo ad alzarsi in volo, e ancora una volta ho ritrovato serenità guardando l’azzurro del cielo e rileggendo
Aprile
Prova anche tu,
una volta che ti senti solo
o infelice o triste,
a guardare fuori dalla soffitta
quando il tempo è così bello.
Non le case o i tetti, ma il cielo.
Finché potrai guardare
il cielo senza timori,
sarai sicuro
di essere puro dentro
e tornerai
ad essere Felice.

NON DIMENTICHIAMO MAI COSA E’ STATO L’OLOCAUSTO...
PERCHE’ NON SUCCEDA MAI PIU’.

gdr

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