2 giugno, che c'è da festeggiare?
2 giugno ad Alba. foto www.targatocn.it |
2 giugno, che c'è da festeggiare ?
E’ il titolo di un bell'articolo di Famiglia Cristiana di
questa settimana, ma io mi ponevo la stessa domanda nei giorni scorsi e l'ho fatto con insistenza crescente a mano a mano che si avvicinava il 2 giugno ...senza purtroppo trovare risposte convincenti, convincenti innanzitutto per me. Oggi poi ce lo
chiedevamo in tanti, al pranzo che ogni
anno, il 2 giugno, la Coop il Mondo di Morazzone organizza per i suoi soci. C’erano
tante amiche e, con quelle con cui condividevo il tavolo, ci siamo detti che
forse una cosa avremmo potuto festeggiarla con convinzione: l’anniversario
dell’esercizio del diritto di voto per le donne.
Un diritto sancito il 31 gennaio del 1945, nell’Italia ancora divisa
tra nord e sud dall’occupazione nazista, con
il decreto legislativo luogotenenziale nº 23 del 2 febbraio 1945 del
Governo Bonomi ( poi divenuto diritto costituzionale, previsto dagli artt. 56 e
58 ) ed esercitato per la prima volta in
occasione del Referendum Istituzionale del 2 giugno 1946.
L’Italia
che nasceva dalla Resistenza riconosceva
con quella decisione, non solo la pari dignità uomo-donna ma riconosceva anche
alle donne il ruolo paritario svolto nella conquista della libertà, quasi a promettere un ruolo paritario anche nella
costruzione di una società più giusta e più avanzata, dopo la vittoria sul nazi-fascismo.
Insomma una vera rivoluzione
soprattutto se si considera che ci
vorranno ancora due anni prima che il diritto al suffragio universale fosse solennemente
affermato nella “Universal Declaration of Human Rights”
(
art. 22/3 ) da parte del’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 10 Dicembre
1948.
Una rivoluzione
che contribuì sostanzialmente a fare della nostra Costituzione quello che oggi è ancora ampiamente ritenuta, e
cioè la “più bella Costituzione del mondo”.
Se i governi che si sono succeduti in questi 67 anni
fossero stati pienamente consapevoli della portata rivoluzionaria contenuta in
quel principio, forse oggi non rileveremmo tra le donne un così allarmante livello di disoccupazione, retribuzioni spesso
inferiori a quelle degli uomini e condizioni di vita caratterizzate spesso da
insicurezza per il futuro e paura per la propria stessa vita a causa di una
violenza maschilista che non conosce limiti né vergogna.
Aveva ragione la grande Tina Anselmi ( QUI ) indiscussa
protagonista, come staffetta partigiana, della nostra Resistenza e rappresentante
politica di primo piano della nostra Repubblica, quando affermava: “E
le italiane, fin dalle prime elezioni, parteciparono in numero maggiore degli
uomini, spazzando via le tante paure di chi temeva che fosse rischioso dare a
noi il diritto di voto perché non eravamo sufficientemente emancipate. Non
eravamo pronte. Il tempo delle donne è stato sempre un enigma per gli uomini. E
tuttora vedo con dispiacere che per noi gli esami non sono ancora finiti. Come
se essere maschio fosse un lasciapassare per la consapevolezza democratica.”
Rese possibile il pieno coinvolgimento delle donne nella
vita politica e sociale il ruolo che le donne avevano avuto nella resistenza ma
soprattutto il “clima di rinascita” , la spinta “costituente” - come si direbbe oggi - che caratterizzava l’Italia
in quegli anni.
Se è vero – come tanti sostengono – che anche oggi s’impone uno “spirito
costituente” ebbene io credo che esso non possa limitarsi a perseguire un aggiornamento
tecnico della “seconda parte”della nostra
Carta Costituzionale ma debba innanzitutto
attuare fino in fondo la “promessa” di costruire quella società senza
discriminazioni politiche, religiose, di sesso, di cultura, di estrazione
sociale ecc...delineata felicemente lungo tutti i 54 articoli della “prima parte” , quella che tutti
ritengono immodificabile, bensì applicata e praticata.
Per me questo vuol dire mettere mano per legge alle “quote
rosa”, a partire dalla riforma dei CdA, significa vigilare che a parità di
lavoro corrisponda concretamente parità di retribuzione e di opportunità di
carriera tra uomini e donne; significa garantire a tutte il diritto alla
maternità responsabile e decorosa, perché sostenuta da istituzioni ed enti cha
la rendono realmente possibile ( aisli nido, scuole materne, bonus bebè,
permessi, ecc... Significa assicurare il
riconoscimento di diritti fondamentali, direi naturali, oggi coartati o peggio
derisi, quali i diritto al rispetto della propria personalità e identità anche
quando questo comporti il riconoscimento
dei diversi orientamenti sessuali e quindi unioni ( o matrimoni) anche tra
persone dello stesso sesso e una lotta senza quartiere all’omofobia ed ai
femminicidi; significa affermare il diritto a disporre del “proprio fine vita”
senza vedersi imposte da altri soluzioni che non rispettano le nostre personali
convinzioni e libere determinazioni; il diritto di concorrere col proprio voto alla
elezione degli amministratori locali per tutti quei cittadini extracomunitari che
siano in regola con le leggi comunitarie e quindi regolarmente residenti nel
nostro paese; il diritto a veder riconosciuta la cittadinanza italiana ai figli
di immigrati regolari ( che da tempo
risiedono in Italia) nati nel nostro paese
o che nelle sue scuole hanno concluso interi cicli scolastici (ius soli).
Don Renato Sacco, Coordinatore nazionale Px Christi Foto "famiglia cristiana". |
E allora, c’è da
festeggiare il 2 giugno ? Certo, se partisse immediatamente un piano per l’attuazione piena della prima parte della Costituzione!
E ci sarebbe da festeggiare
se, come dice don Renato Sacco, Coordinatore nazionale di Pax Christi, “il 2 giugno potessimo celebrare la Repubblica
della Pace”. Di questo don Renato
parla in un’intervista a “Famiglia Cristiana” di questa settimana, iniziando
col dire che : «Il 2 giugno dovrebbe essere la festa delle forze vive della
Repubblica, non quella delle Forze armate. Abbiamo bisogno di recuperare appartenenza, valori, ideali della
Repubblica».
«Più che mai», continua, «abbiamo bisogno di sentirci parte di questo Paese e di questa democrazia, le cui istituzioni rischiano di essere sempre più lontane dalla gente.
«Più che mai», continua, «abbiamo bisogno di sentirci parte di questo Paese e di questa democrazia, le cui istituzioni rischiano di essere sempre più lontane dalla gente.
Nell’intervista don
Renato indica con chiarezza cosa NON c’è da festeggiare: “La nostra Difesa acquista nuove
fregate fa guerra, e 90 cacciabombardieri F35. Questo non lo possiamo
accettare. Sosteniamo invece quel gruppo di parlamentari che pochi giorni fa
ha presentato una mozione in Parlamento contro l’acquisto dei caccia. Noi
lo stiamo dicendo da anni. Mentre altrove si farà la parata militare, noi
ricordiamo Papa Giovanni XXIII che morì il 3 giugno e la sua enciclica Pacem in
terris, contro la guerra e contro ogni guerra. Ricorderemo i combattimenti
in Siria, dimenticati da tutti, e quelli dell’Iraq, che nel solo mese di maggio
hanno provocato 800 vittime. Insomma, il 2 giugno dobbiamo celebrare la
vita, non la morte». ( Continua a leggere QUI...l’intervista a Don Renato ).
Pippo Civati, firmatario mozione contro gli F35 |
Della mozione contro l’acquisto degli F35 aveva scritto
sul suo blog anche Pippo Civati, parlamentare del PD: “In campagna elettorale tutti, ma proprio tutti, avevano preso le
distanze dai famosi F-35 e dal loro acquisto miliardario. Anche l’ineffabile
Monti, per non parlare di Berlusconi, che insieme all’Imu aveva dichiarato che
fosse stato per lui avrebbe restituito pure quelli.
Ora c’è una mozione – che voterò –
presentata da 158 parlamentari
(14 sono del Pd, altri si sono ritirati) per chiedere che il Governo affronti
la questione”.
Continuate a leggere sul blog di Civati, (QUI ) vi assicuro che ne vale la pena, per capire l’uso strumentale che in certi
ambienti si fa di temi che toccano la vita e la morte di tante persone.
Oh, sì che ci sarebbe stato da festeggiare, questo 2 giugno,
se veramente i partiti che in campagna
elettorale hanno dichiarato di non volere più gli F35 ( e sono gli stessi che insieme hanno dato
vita al Governo di Larghe intese)
avessero mantenuto l’impegno.
Ma non rassegniamoci, sosteniamoli quei coraggiosi 158
firmatari: insistano, spingano con la
loro azione il Parlamento a dire NO agli F35, e noi festeggeremo in qualunque momento
dovesse accadere !
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