“… NO ALLA MORTE , MORTA AD AUSCHWITZ”.

Ingresso del campo di stermino di Auschwitz

Mai più chiudere gli occhi , mai più girare lo sguardo, mai più ritrarsi di fronte ad una “discriminazione “ che colpisca anche uno solo dei nostri fratelli, a causa della sua origine, della sua lingua, del colore della sua pelle o a causa delle sue scelte politiche, religiose, sessuali ...       “ per non ripetere, da quella buca di cenere, la morte”.




Auschwitz

Laggiù, ad Auschwitz, lontano dalla Vistola,
amore, lungo la pianura nordica,
in un campo di morte: fredda, funebre,
la pioggia sulla ruggine dei pali
e i grovigli di ferro dei recinti:
e non albero o uccelli nell’aria grigia
o su dal nostro pensiero, ma inerzia
e dolore che la memoria lascia
al suo silenzio senza ironia o ira.
Da quell’inferno aperto da una scritta
bianca: " Il lavoro vi renderà liberi "
uscì continuo il fumo
di migliaia di donne spinte fuori
all’alba dai canili contro il muro
del tiro a segno o soffocate urlando
misericordia all’acqua con la bocca
di scheletro sotto le docce a gas.
Le troverai tu, soldato, nella tua
storia in forme di fiumi, d’animali,
o sei tu pure cenere d’Auschwitz,
medaglia di silenzio?
Restano lunghe trecce chiuse in urne
di vetro ancora strette da amuleti
e ombre infinite di piccole scarpe
e di sciarpe d’ebrei: sono reliquie
d’un tempo di saggezza, di sapienza
dell’uomo che si fa misura d’armi,
sono i miti, le nostre metamorfosi.

Sulle distese dove amore e pianto
marcirono e pietà, sotto la pioggia,
laggiù, batteva un no dentro di noi,
un no alla morte, morta ad Auschwitz,
per non ripetere, da quella buca
di cenere, la morte.

Salvatore Quasimodo

(dal sito web: www.dicearchia.it)

Commenti

  1. Piera, l silenzio di tuo papà, il suo tentativo di rimuovere il dolore per gli orrori che ha visto e vissuto e che certamente si è portato dentro tutta la vita, sono certo che per te rappresentano una forte eredità di
    Valori...che tu testimoni. ...Grazie Piera, per avercene parlato !

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  2. Piera Prestinoni, attraverso la mia pagina su Facebook, ha scritto:
    "io ho avuto mio padre deportato in Germania, fortunatamente l'hanno inquadrato come lavoratore civile, era militare di leva quando l'hanno deportato. non ci ha mai raccontato niente, quattro o cinque episodi in tutto, aveva pudore, non voleva ricordare non so, so che in casa mia non abbiamo mai visto un film di guerra. lui non dimenticava e io altrettanto. è stato duro diceva."

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  3. Giuseppe Orombello, attraverso la mia pagina Facebook ha scritto:
    "cara piera questi deportati si comportano tutti cosi per anni ed anni non vollero raccontare nulla a nessuno per l'orrore che hanno subito anchio in famiglia ho avuto una situazione del genere , alcuni dopo anni hanno trovato la forza di dire al mondo cio che hanno vissuto e magari alcuni sono andati nelle scuole a testimoniare tale accaduto.

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  4. Anna Maria Di Rosa, atrraverso un messaggio personale in FB ( di cui mi ha autorizzato la pubblicazione) ha scritto:
    "caro Giovanni e cara Piera
    Anch'io ho avuto un parente deportato in campo di concentramento, era mio zio, militare nell'aeroporto di Tirana, al suo ritorno a casa lui ha sempre raccontato a suo padre e fratelli e sorelle ciò che gli era capitato: è una questione di carattere. Anche a me, sua nipote, ha raccontato, dopo tanti anni qualche episodio ed io conservo gelosamente le sue lettere dal fronte di guerra, quando lui aveva capito che qualcosa di grave sarebbe successo anche a lui. LA MEMORIA DELLA SOFFERENZA DEGLI ALTRI ci fa comprendere quanto sia costata la libertà e la democrazia di cui oggi noi godiamo in qualche modo".

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  5. Enrica Mariani, attraverso la mia pagina in Facebook, ha scritto:
    "in molte famiglie abbiamo avuto chi han pagato per la guerra; chi deportato, chi non è mai più tornato, come nel caso del fratello di mio padre, conosciuto bellissimo giovane solo attraverso qualche fotografia, e i racconti della nonna che non si è mai rassegnata fino alla morte per quella terribile perdita. Ma è rimasto un vuoto incolmabnile anche per quelli come me, come noi che siamo arrivati subito dopo la guerra. Bisogna sempre raccontare soprattutto ai giovani perchè possano avere nei loro pensieri la pace e mai la guerra!

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