Il presepe di Greccio - Fonti Francescane capitolo XXX
Giotto - La Natività Basilica Inferiore di S. Francesco - Assisi |
467 Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l'umiltà dell'Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.
468 A questo proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore.
C'era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perchè, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sè e gli disse: "Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello". Appena l'ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l'occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo.
469 85. E giunge il giorno della letizia, il tempo dell'esultanza! Per l'occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s'accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l'asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l'umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.
Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia.
Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l'Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.
470 86. Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali perchè era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù infervorato di amore celeste lo chiamava "il Bambino di Betlemme", e quel nome "Betlemme" lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva "Bambino di Betlemme" o "Gesù", passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole.
Vi si manifestano con abbondanza i doni dell'Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. Nè la visione prodigiosa discordava dai fatti, perchè, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l'avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria. Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia.
471 87. Il fieno che era stato collocato nella mangiatoia fu conservato, perchè per mezzo di esso il Signore guarisse nella sua misericordia giumenti e altri animali. E davvero è avvenuto che in quella regione, giumenti e altri animali, colpiti da diverse malattie, mangiando di quel fieno furono da esse liberati. Anzi, anche alcune donne che, durante un parto faticoso e doloroso, si posero addosso un poco di quel fieno, hanno felicemente partorito. Alla stessa maniera numerosi uomini e donne hanno ritrovato la salute.
Oggi quel luogo è stato consacrato al Signore, e sopra il presepio è stato costruito un altare e dedicata una chiesa ad onore di san Francesco, affinchè là dove un tempo gli animali hanno mangiato il fieno, ora gli uomini possano mangiare, come nutrimento dell'anima e santificazione del corpo, la carne dell'Agnello immacolato e incontaminato, Gesù Cristo nostro Signore, che con amore infinito ha donato se stesso per noi. Egli con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna eternamente glorificato nei secoli dei secoli. Amen.[...]
Testo tratto dal sito http://www.sanfrancescopatronoditalia.it :
PS
Buon Natale ! Ho voluto augurarvelo con la narrazione della nascita del Presepe fatta da Tommaso da Celano nella Vita Prima di San Francesco d’Assisi, senza aggiungere niente, senza anteporre le mie emozioni e così lasciare solo, ognuno di voi, a meditare, a gioire, a stupirsi per la semplicità e il candore della narrazione, quasi una favola per bambini. Eppure è storia: l'evento è fissato con certezza nel Natale del 1223 ( fra dieci anni esatti, ne celebreremo l'8° centenario ! ) , meno di un anno prima che Francesco ricevesse le stimmate. Non c'è anno che, in preparazione del Natale, io non rilegga questo passo ( da ragazzo mi affascinava il fatto che il vero nome di Francesco fosse Giovanni e che il contadino a cui si rivolgeva per allestire il primo "presepe vivente, si chiamasse anch'egli Giovanni) e non mediti insieme sui due eventi ( distanti tra loro solo 9 mesi): il presepe e le stimmate. Entrambi questi fatti sono il frutto di un grande innamoramento, che spinge Francesco prima a voler "vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui [ Gesù ] si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato..." e poi a volerne condividere le sofferenze della crocifissione...tanto intensamente da ritrovarsene i segni sul corpo: le stimmate. Se amassimo così intensamente quanti oggi portano nelle loro carni la sofferenze, la fatica di vivere questi anni bui,anni di crisi, di violenza, di egoismo...forse saremmo tutti migliori, forse saremmo anche un pò più uguali ! Auguro a tutti, a partire da me, "di voler vedere con gli occhi del corpo i disagi " che vivono tanti bambini nati in questi anni di crisi in famiglie che stanno conoscendo il dramma della povertà...anche in quella parte del mondo ( la nostra ) che per eccesso di consumi il mondo se lo sta giocando.
Giovanni de Rosa
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaPiù che eliminato è stato "trasferito" a margine del post,come PS, per renderlo più visibile.
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